Ricerca psichedelica e studi placebo
Quando si tratta di psichedelici c’è sia arte che scienza
Tradotto da Guido Camma, modificato da Mauro de Pra
Questo articolo è disponibile anche in: English German Español
Modificato da Clara Schüler, Saga Briggs, Jared Parmer, Lucca Jaeckel
Immagine intestazione di NCI su Unsplash
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“I RICERCATORI STANNO ARRIVANDO AD UNA COMPRENSIONE CONDIVISA DI COME SIA POSSIBILE CHE UN TRIP DA LSD VENGA VISSUTO DA UNA PERSONA COME UN’ESPERIENZA DISTRUTTIVA, MENTRE DA UN’ALTRA COME UN’ESPERIENZA MISTICA E TRASFORMATIVA”. (Ada Jaarsma)
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Vista attraverso le lenti della ricerca sul placebo, “set e setting”, una frase coniata decadi fa da Timothy Leary, si può applicare non
solo a esperienze vissute in prima persona ma anche alla scienza psichedelica.
In quanto filosofa dedita allo studio degli effetti placebo, sono stata lieta di intervistare Dr. Ido Hartogsohn riguardo al suo libro pubblicato di recente American Trip: Set, Setting, and the Psychedelic Experience In the Twentieth Century, che esplora la genealogia della ricerca psichedelica in relazione a preconcetti personali.1
La convergenza di psichedelici e ricerca sul placebo è il nucleo dell’argomento centrale di Hartogsohn: “set” e “setting” svolgono un ruolo fondamentale sia nell’esperienza dei “trip” psichedelici che nella ricerca scientifica che li circonda.
Dalla nostra videochiamata imparerai come i termini “set” e “setting” sono emersi come nuovi concetti fondamentali nella ricerca psichedelica. Ascolterai anche le nostre riflessioni sull’importanza di questi concetti, non solo per far progredire i trattamenti medici e risolvere misteri di lunga data legati agli psichedelici, ma anche per una trasformazione esistenziale.
In questo post delineo le implicazioni filosofiche dell’approccio di Dr. Hartogsohn alla ricerca psichedelica – un approccio legato alle esperienze e alle passioni in prima persona- e rifaccio al lavoro del filosofo delle scienzeProf.ssa Isabelle Stengers, sui placebo per approfondire questo approccio.
La descrizione data dal Dr. Hartogsohn del suo stesso libro riflette la filosofia in esso contenuta. Nella nostra videochiamata, Hartogsohn ed io parliamo di come gli psichedelici e la ricerca psichedelica non siano oggetti di indagine statistica distaccati dalle esperienze personali di Hartogsohn. Al contrario, sono strettamente legati ai suoi interessicompresi quelli per l’arte e la trasformazione esistenziale. Inoltre, e questo è uno dei punti chiave del suo studio, più impariamo a conoscere il funzionamento degli psichedelici, più scopriamo l’importanza delle esperienze di scienziati e medici per i risultati della ricerca psichedelica. Nel suo libroad esempio, Hartogsohn ripercorre le mutevoli definizioni e metodologie della scienza nel corso dei decenni, esaminando eventi chiave nello studio degli allucinogeni e dei fenomeni correlati, i quali sono collegati a più ampi cambiamenti sociali nel significato della medicina, dell’arte e delle esperienze incarnate. Da Timothy Leary, che per primo ha coniato i termini “set e setting”,2 ad una serie di ricercatori contemporanei, Hartogsohn attinge a studi scientifici e tecnologici per esaminare l’interazione tra le intuizioni scientifiche e gli scienziati stessi.
Ciò che ritengo rivelatore della filosofia di Hartogsohn è quanto bene si allinei alle descrizioni dell’indagine scientifica più in generale della prof.ssa Isabelle Stengers. Stengers è una filosofa della scienza femminista e durante la mia conversazione con Hartogsohn riguardo al suo libro, ho continuato a pensare all’affermazione di Stengers secondo cui la passione e l’interesse sono essenziali per la ricerca scientifica emergente.
Questo è esattamente ciò che Stangers ha espresso in uno dei suoi saggi più influenti sulla ricerca scientifica “L’imperatore indossa vestiti”.3 Questa affermazione è caratteristica della prosa filosofica di Stengers, ed è efficace perché in esplicito contrasto con le storie convenzionali e mainstream sulla scienza.
Può essere allettante, a volte anche irresistibile, immaginare gli scienziati come menti disincarnate per sottolineare l’efficacia delle loro metodologie: potremmo immaginali a lavorare nei loro laboratori, implementando protocolli, svolgendo analisi e sforzandosi soprattutto di generare risultati riproducibili e generalizzabili. (È possibile sentire una versione di questa storia nel video-saggio, in cui rifletto sui misteri che a lungo hanno lasciato perplessità sia nella ricerca sul placebo che in quella psichedelica. È solo quando questa fantasia riguardo a scienziati disincarnati viene sostituita dall’impegno con particolari metodi di ricerca che questi misteri lasciano il posto ad una nuova comprensione ricca ed eccitante.)
Non vale la pena assecondare questa tentazione, sostiene Stengers. L’imperatore indossa vestiti! C’è una svolta comica nella metafora di Stengers, poiché inverte la famosa storia di un imperatore che si pavoneggiava in pubblico, passando per vestito senza indossare alcun abito. Nella versione di Stengers, gli scienziati sono gli imperatori, che hanno la presunzione di passare per nudi, mentre indossano gli abiti professionali.
Dal punto di vista di Stengers, è fondamentale , in quanto membri del pubblico, impegnarsi con diversi stili di ricerca scientifica e affermare o mettere in discussione i metodi e le conclusioni sviluppati dagli scienziati. Svolgere bene questo compito significa trovare il modo di resistere alla radicata visione moderna della scienza, in cui “l’imperatore non ha vestiti”. Secondo questa moderna visione della scienza, spiega Stengers, la natura deve essere descritta da uno “spettatore ideale, simile a un dio”,4 invece che da persone vestite e incarnate che intraprendono i compiti collaborativi della ricerca.
“Il mio libro è una canzone d’amore per l’LSD” (Ido Hartogsohn)
Ho iniziato a studiare i placebo e gli effetti placebo grazie alla filosofia della scienza di Stengers. Si consideri il camice bianco, spesso indossato da medici e ricercatori. Questo è un esempio di come l’abbigliamento stesso, associato all’esperienza, possa trasmettere autorità: questo camice bianco è un placebo ben documentato, che provoca un effetto placebo nei pazienti o nei partecipanti agli studi di ricerca.
Nel mio lavoro, condotto in collaborazione con la psichiatra Suze Berkhout, sono rimasta colpita dall’importanza di questi tipi di placebo, soprattutto pensando a disabilità5 e razza,6 proprio perché evidenziano l’interazione incarnata tra i “vestiti dell’imperatore” e il ricercatore, consumatore, cliente, paziente o cittadino. La scienza, e in questo caso la medicina in particolare, utilizza tali placebo in modo che i nostri stessi corpi e le nostre menti anticipino e manifestino i loro poteri curativi. Forse ci sentiamo meglio, in parte, perché visitiamo un ambulatorio. Come affermato in una delle prime pubblicazioni sugli studi placebo, “la diagnosi è un trattamento”7 e ricerche approfondite confermano l’importanza del modo in cui riceviamo queste diagnosi. I nostri trattamenti probabilmente funzionano in maniera più efficace quando i nostri medici infondono entusiasmo nelle loro indicazioni. E i nostri sintomi potrebbero peggiorare o le cure non funzionare quando i medici si rivolgono a noi con disinteresse.8
Dato quanto i nostri contesti sociali tendono ad essere medicalizzati, saturi di notizie su trattamenti scientifici nuovi e migliorati, gli studiosi in ambito scientifico e tecnologico sottolineano che in realtà non esiste qualcosa come “nessun trattamento”.9 Estendendosi ben oltre i limiti delle visite mediche o dei nomi delle pillole, i placebo sono ovunque intorno a noi.10
Questo è un elemento chiave dell’analisi di Hartogsohn. Ciò che il libro American Trip aggiunge in particolare alla nostra comprensione della ricerca psichedelica è la continua esplorazione del ruolo di “set e setting” e dei placebo in generale nelle esperienze psichedeliche. Io stessa sono affascinata da questa linea di pensiero, che gli ambienti in cui ci troviamo (i suoni, le sensazioni e il design degli spazi) possono avere un impatto sul modo in cui i nostri corpi e le nostre menti sperimentano esperienze psichedeliche. Questo è in parte ciò a cui “setting” si riferisce e, come sottolineato da Hartogsohn nella nostra conversazione, include anche cose come il camice bianco.
Il termine “set”, a sua volta, si riferisce alla mentalità, alle aspettative e al condizionamento che una persona porta con sé durante un’esperienza psichedelica. Questi ingredienti sono anche essenziali per le dinamiche attraverso le quali emergono gli effetti placebo.11
È sorprendente, quindi, quando un ricercatore come Hartogsohn riconosce che il progetto del suo libro è una canzone d’amore per il fenomeno stesso oggetto di studio: gli psichedelici e più specificamente LSD in questo caso. La genealogia della ricerca psichedelica di Hartogsohn, esposta in American Trip, mi aiuta a capire più chiaramente perché Stengers insiste così tanto che gli scienziati attingono ai propri interessi ed esperienze per generare nuovi risultati sperimentali. Quello che sento nella dichiarazione di Hartogsohn è una conferma dell’argomento di Stengers secondo cui l’imperatore indossa vestiti: in altre parole, gli effetti placebo sono rilevanti per lo studio scientifico degli psichedelici quanto lo sono per le esperienze degli allucinogeni stessi. Inoltre, percepisco un invito a noi, in quanto lettori e cittadini impegnati, a riflettere sulle nostre risposte incarnate alle canzoni d’amore dei ricercatori.
Stengers può anche aiutarci a pensare in modo più filosofico a come “set” e “setting” si riferiscano alla ricerca storica e in corso sugli psichedelici. Nell’ambito del suo esame sull’importanza dell’interesse e della passione per la scienza, Stengers sottolinea: “L’etimologia della parola ‘interesse’ è ‘essere situato nel mezzo'”.12 Questo “nel mezzo” è esattamente ciò che spesso manca quando si tratta di ricerca scientifica. Proprio come un paziente o un utilizzatore creano connessioni con un allucinogeno in un modo unico per loro, così anche scienziati e studiosi di scienza come Hartogsohn creano connessioni tra i propri interessi e i fenomeni studiati.
E quando queste connessioni sono infuse di amore, come Hartogsohn descrive il proprio progetto di libro, i risultati potrebbero essere altrettanto edificanti e trasformativi quanto un’esperienza psichedelica positiva.
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