Essay
Drug Science Neuroscience


Il futuro degli psichedelici nel trattamento dell'Alzheimer

Tradotto da Jacopo Vanoli, modificato da Guido Camma

Tra i potenziali target degli psichedelici per le malattie neurodegenerative, la neuroinfiammazione potrebbe essere il più promettente. I ricercatori stanno raccogliendo maggiori informazioni su come queste sostanze modulano i differenti processi infiammatori.

Ci sono sempre più prove che sostanze psichedeliche come LSD, psilocibina e DMT possono essere usate con successo come trattamento nei disturbi dell’umore come ansia e depressione. Oltre ai benefici psicologici, la comprensione dei meccanismi d’azione fisiologici, tra cui effetti positivi sulla neuroinfiammazione e neuroplasticità, ha ispirato una nuova corrente di ricerca. Attualmente i ricercatori stanno investigando se le terapie con psichedelici possono essere amministrate in maniera più ampia, trattando non solo disturbi dell’umore ma anche malattie neurodegenerative come demenza e Alzheimer. È possibile che gli psichedelici inaugureranno una nuova era di speranza per pazienti con malattie neurodegenerative? Ci sono solo due studi che al momento stanno esplorando l’uso di psichedelici per il trattamento dell’Alzheimer e questo articolo esamina la logica dietro di essi.

Alzheimer: la malattia e le terapie esistenti

Con più di 30 milioni di casi a livello mondiale, la malattia di Alzheimer (Alzheimer Disease, AD) è una delle cause primarie di declino cognitivo. Essa provoca perdita di cellule e connettività nel cervello e la sua progressione porta al declino di abilità mentali importanti, tra cui la memoria di lavoro, attenzione, pianificazione ed autocontrollo.1 Le cause dell’AD sono complesse e molteplici. Sono state trovate correlazioni tra questa patologia e varianti genetiche specifiche, ma queste non rappresentano tutti i casi nella popolazione. Oltre alle mutazioni, condizioni legate allo stile di vita come diete ricche di cibi processati, inattività fisica, fumo e alcohol, così come isolamento sociale, sono stati identificati come fattori di rischio.2

L’AD è stata causalmente associata all’aggregazione patologica di proteine che si ammassano in placche tra le cellule nervose (amiloide-ß o proteina Aß) o si aggrovigliano in fibre o “grovigli neurofibrillari” all’interno della cellula stessa (proteina tau). Il deposito anomalo di queste proteine è particolarmente pronunciato nell’ippocampo (uno dei principali centri della memoria) così come nella corteccia e nel proencefalo basale.3 Come esattamente queste molecole guidino i processi neurodegenerativi, non è ancora stato determinato. Finora possiamo dire che l’eccesso di placche e grovigli potrebbe condurre alla morte della cellula attraverso la compromissione delle sue funzionalità di base, come la risposta allo stress ed il trasporto dei nutrienti.4,5

L’ipotesi colinergica l’idea che l’AD sia causata da una disfunzione nella segnalazione neuronale tramite il neurotrasmettitore Acetilcolina (ACh) ha rappresentato il paradigma principale nello sviluppo dei trattamenti per l’AD.3 Infatti, le cellule del cervello di pazienti con AD producono meno di questo neurotrasmettitore, causando la morte dei neuroni colinergici (contenenti Ach).6 La maggioranza dei farmaci clinicamente approvati agisce bloccando la degradazione di Ach, e nonostante si siano dimostrati efficaci nel migliorare la funzione cognitiva, non sono in grado di fermarne completamente il declino.6,7

L’ipotesi colinergica non affronta le cause sottogiacenti all’AD – le placche Aß o i grovigli neurofibrillari della proteina tau. Al momento, non ci sono farmaci approvati che colpiscono queste strutture, sebbene molti siano in fase di trial clinico o sotto revisione.7 Tuttavia, gli scienziati stanno anche esplorando altre opzioni: molti si concentrano sul trattamento dell’infiammazione cronica cerebrale e sullo stress cellulare.8

L'ipotesi infiammatoria della malattia di Alzheimer

Un nuovo modo recentemente in voga per guardare all’AD, e ad altre patologie neurodegenerative come Parkinson o Sclerosi Multipla, è quello di malattie guidate dall’infiammazione cronica. Nell’ultima decade è diventato chiaro che i cervelli di pazienti con AD presentano una risposta infiammatoria sostenuta.9 Gli agenti principali di questa risposta sono le cellule della microglia. Queste sono cellule mobili “pulitrici” che costantemente scandagliano il cervello alla ricerca di qualsiasi segno di cellule danneggiate, agenti infettivi, o anche placche, come quelle formate da Aß. Quando incontrano queste minacce, se ne sbarazzano ingerendole e degradandole. Oltre a “mangiare” materiale che promuove l’infiammazione, queste cellule secernono anche svariati agenti chimici che servono come segnali infiammatori per il resto del sistema immunitario e avvicinano cellule più pulite alle placche.

L’infiammazione nel cervello rende sostanzialmente peggiore ogni aspetto dell’AD, inclusa la patogenesi.9 Alcune delle molecole secrete dalla microglia causano cambiamenti chimici nella proteina tau e peggiorano i grovigli neurofibrillari. E Aß è inestricabilmente legata alla risposta immunitaria: nell’invecchiamento fisiologico contribuisce a risposte infiammatorie non-patologiche e successivamente viene eliminata dalle microglia. In pazienti con AD, viene prodotta più Aß — probabilmente a causa dell’aumentata infiammazione iniziale — e le microglia sono meno in grado di eliminarla. Inoltre, l’infiammazione peggiora i sintomi e la progressione dell’AD: compromette l’apprendimento, la memoria e riduce la plasticità sinaptica (l’abilità dei neuroni di modificare le loro connessioni).10

Il ruolo della serotonina nella malattia di Alzheimer

La ricerca sulla malattia di Alzheimer si è principalmente focalizzata sul ruolo dell’acetilcolina perché la maggior parte della progressione di questa patologia può essere attribuita alla perdita di trasmissione colinergica e alla morte dei neuroni colinergici. Ma esistono anche altri neurotrasmettitori che svolgono un ruolo importante?

Sta diventando sempre più evidente che cambiamenti nella segnalazione serotoninergica possono peggiorare i deficit colinergici nell’AD.8 La serotonina è uno dei più abbondanti neurotrasmettitori del cervello e si trova in neuroni localizzati nella corteccia e nell’ippocampo, insieme ai neuroni colinergici, dove si pensa regolino le loro funzioni reciprocamente. Nel tronco encefalico, i pazienti con AD mostrano una grande perdita di neuroni serotoninergici, corrispondenti ad una più severa progressione della malattia.11 Inoltre, gli antidepressivi SSRI, che modulano la quantità disponibile di serotonina nel cervello, sono stati dimostrati ridurre i sintomi di deterioramento della memoria in malattie neurodegenerative, e allo stesso modo diminuire la risposta infiammatoria mediata dalle cellule della microglia. 12,13 

Nuove ricerche hanno dimostrato che psichedelici classici come l’LSD e la psilocibina potrebbero essere efficaci nel trattamento di depressione e ansia.14 Al momento sono stati avviati molti trial clinici che testano l’LSD e la psilocibina, nonché DMT e ayahuasca (un infuso contenente DMT) come trattamento per le suddette condizioni ed altri disturbi psichiatrici. Come gli SSRI, gli psichedelici sono sostanze serotoninergiche, ossia che esercitano i loro effetti primariamente influenzando il sistema della serotonina. Tuttavia, entrambe queste classi di farmaci non si limitano ad alterate la trasmissione serotoninergica nel cervello. Un’estensiva ricerca su colture cellulari e animali ha dimostrato che gli agonisti 5HT-2A (ovvero composti che interagiscono con il recettore della serotonina 5HT-2A,principalmente LSD e psilocibina) hanno effetti antinfiammatori.15 Un recente studio su umani ha dimostrato che basse dosi di LSD aumentano i livelli plasmatici di BDNF, una molecola implicata nella neuroplasticità.16 Questo, quindi, significa che gli psichedelici potrebbero essere efficaci quanto gli SSRI nel trattamento dei sintomi dell’AD a livello sia psicologico che fisiologico?14 E, dato che il trattamento con SSRI spesso porta ad effetti indesiderati (tra cui fatica cronica, aumento di peso e disfunzione sessuale),17 quali sarebbero le implicazioni se esistesse un gruppo di farmaci agenti in maniera simile sul sistema della serotonina ma con minori effetti collaterali acuti?18

Le malattie neurodegenerative come nuova domanda nella ricerca psichedelica

Nell’ultimo decennio, sempre più evidenze hanno dimostrato che gli psichedelici possono avere effetti fisiologici positivi. Non ci è voluto molto perché la scoperta degli effetti antinfiammatori degli agonisti 5HT-2A15 ispirasse i ricercatori ad esaminare le sostanze psichedeliche come potenziali farmaci contro la neurodegenerazione. Attualmente, nel 2021, ci sono due studi che stanno sondando il potenziale degli psichedelici per l’AD e per casi di deterioramento cognitivo lieve (Mild cognitive impairment, MCI).

Eleusis, un’azienda che ricerca i benefici terapeutici degli psichedelici, sta attualmente conducendo un trial clinico investigando gli effetti di basse dosi di LSD (“microdosi”) in pazienti con Alzheimer. Si stanno basando sui risultati recentemente pubblicati di uno studio di Fase I, in cui era dimostrato che microdosi ripetute (21 giorni non consecutivi) in volontari sani sono ben tollerate con effetti collaterali minimi.19 Questi risultati hanno permesso ad Eleusis di passare alla Fase II, in cui stanno esaminando gli effetti di microdosi di LSD in pazienti con AD.

Negli USA, la Johns Hopkins University è stata una delle istituzioni pioniere nella ricerca di terapie psichedeliche per problemi di salute mentale. Il loro “Center for Psychedelic and Consciousness Research” ha recentemente iniziato uno studio per investigare se la terapia psichedelica assistita può aiutare a trattare la depressione in persone con AD – un disordine che comunemente si presenta in concomitanza con la malattia e si stima interessi quasi il 40% dei pazienti con AD.1 Tuttavia, sapendo che gli psichedelici hanno effetti positivi su neuroplasticità e neuroinfiammazione, potrebbero essere utili per più che solamente la depressione?

Che aiuto possono dare gli psichedelici?

Eleusis ha recentemente pubblicato dei white papers con i dettagli sul background scientifico del loro attuale LSD trial per AD. Nello stesso periodo, un articolo di review è stato pubblicato in Frontiers in Synaptic Neuroscience che spiegava perché i ricercatori si sono interessati agli psichedelici come mezzi per trattare malattie neurodegenerative.20 Qual è la loro logica? I principali meccanismi suggeriti da entrambi i gruppi di ricerca possono essere raggruppati in tre categorie più importanti.

Gli psichedelici riducono l’infiammazione nel cervello. Gli agonisti dei recettori 5HT-2A agiscono come potenti agenti antinfiammatori, perlopiù riducendo lo stress cellulare e modulando l’attività delle molecole pro-infiammatorie, come quelle secrete dalla microglia (sebbene ricerca direttamente sulla microglia deve ancora essere condotta).20,21

Gli psichedelici potrebbero influenzare la neurogenesi e la neuroplasticità. La perdita di neuroni e delle loro connessioni è stata collegata a tutti i sintomi dell’AD. Non è chiaro se gli psichedelici potrebbe invertire o peggiorare alcuni di questi processi. In modelli murini, grandi dosi di agonisti 5HT-2A come psilocibina e LSD inibiscono la crescita di nuovi neuroni nell’ippocampo (la più importante area di perdita di neuroni nell’AD).22 D’altra parte, un altro studio su topi ha dimostrato che basse dosi inibiscono la morte cellulare in questa regione cerebrale.23 Pertanto, non è chiaro se gli effetti sugli umani potrebbero essere positivi o negativi. A parte la crescita neuronale, tuttavia, un certo numero di psichedelici è stato dimostrato migliorare la connettività neurale. Studi su colture di cellule umane trattate con diverse sostanze psichedeliche hanno dimostrato la crescita di proiezioni che ricevono segnali da altri neuroni (dendriti), nonché un aumento nel numero di giunzioni connettive con altri neuroni (sinapsi).24

Possono gli psichedelici migliorare apprendimento e memoria? I trattamenti che riducono il declino cognitivo sono tra le priorità di intervento nelle malattie neurodegenerative. Al momento, non ci sono studi conclusivi che hanno dimostrato che gli agonisti 5HT-2A posso significativamente migliorare la cognizione, sebbene i dati siano limitati. Mentre molti utilizzatori di basse dosi ricorrenti di psichedelici (microdosing) sostengono che questa pratica migliori la loro memoria, gli studi finora non hanno trovato benefici per la memoria con queste dosi di LSD e psilocibina.19,25,26 Comunque, come i ricercatori tengono a specificare – “Mentre questi risultati contraddicono resoconti di miglioramento cognitivo nel contesto ricreazionale, bisogna notare che non tutti i farmaci che hanno come bersaglio il deterioramento cognitivo e comportamentale hanno effetti nootropici [che migliorano le capacità cognitive] in partecipanti sani.”19

Il cervello e la mente nella malattia di Alzheimer

Nonostante le promesse degli psichedelici, sappiamo che nessuna medicina è in grado di far ricrescere neuroni morti.  Le terapie psichedeliche probabilmente non curano l’AD e, dato che i loro meccanismi di azione non sono primariamente diretti ai più importanti sistemi di patogenesi dell’AD, il loro effetto fisiologico è verosimilmente limitato. Tuttavia, considerato che queste sostanze si dimostrano una promessa eccezionale per le malattie mentali, non dovrebbero essere sottovalutate come potenziale sostegno nel trattamento delle malattie neurodegenerative e, in particolare, delle loro comorbidità psicologiche. Inoltre, la neurodegenerazione e la salute mentale possono essere collegate anche al di là della depressione come effetto secondario dell’AD. E’ stato dimostrato che esercizi di mindfulness possono essere benefici per la salute mentale dei pazienti con AD in stadio precoce riducendo depressione e stress, ma anche per la loro salute fisica diminuendo la neuroinfiammazione.27 Molti dei benefici della mindfulness possono essere offerti dagli psichedelici e si pensa che questi due metodi di intervento si completino bene reciprocamente.28

Tra i potenziali target per gli psichedelici nelle malattie neurodegenerative, la neuroinfiammazione potrebbe essere la più promettente. I ricercatori stanno raccogliendo più informazioni su come queste sostanze modulano i differenti processi infiammatori. Con il tempo, ciò potrebbe consentire agli scienziati di massimizzare il potenziale degli psichedelici in una varietà di contesti terapeutici. Questa ricerca può andare nella direzione dell’ottimizzazione dei protocolli di dosaggio in termini di frequenza e concentrazione, ma anche nella direzione di studi biochimici, esplorando altre sostanze e recettori.

Gli psichedelici non sono solamente psilocibina e LSD. Altre molecole, tra cui alcune naturali e famose come la DMT, ma anche molecole sintetiche completamente nuove, possono giocare un ruolo nel futuro nel trattamento dei disordini mentali e delle malattie neurodegenerative. In aggiunta agli effetti positivi sulla salute mentale,29 le proprietà immuno-protettive e antinfiammatorie della DMT sono state suggerite in diversi studi,30 e ci sono segni che potrebbero non essere mediate da 5HT-2A, bensì da un altro nuovo recettore, Sigma1. E nel sempre più ricco mondo delle molecole psichedeliche sintetiche, ce ne sono molte che potrebbero servire come interessante focus di ricerca. Alcuni studi hanno già identificato molecole psichedeliche con proprietà antinfiammatorie più potenti di quelle dell’LSD.15 Altri sono riusciti ad isolare il locus dell’attività antinfiammatoria e a generare molecole simil-psichedeliche senza le loro proprietà psicoattive, ma mantenendo i benefici fisiologici.31 In futuro, queste droghe potrebbero essere riconosciute per le loro proprietà terapeutiche allo stesso modo da psichiatri e neurologi.

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