Perspective
Consciousness Research Philosophy & Consciousness Psychology


Comprendere le radici corporee dell’esperienza cosciente

Tradotto da Matteo Gori, modificato da leonora Corrias

Fondamentalmente, mentre non tutti gli umani vivranno l’esperienza di essere incinta o trasportare un bambino, l’esperienza di essere trasportati e di crescere all’interno del corpo di un’altra persona è universale.

Il “Me” che si relaziona al mondo

Immagina di camminare sulla sabbia calda durante un soleggiato giorno d’estate tenendoti per mano con il tuo partner. Nel percepire questo ambiente il tuo cervello riceve e ha bisogno di integrare una cascata di informazioni sensoriali che arrivano sia dall’esterno che dall’interno del tuo corpo: il calore della sabbia, la luminosità della luce solare, l’odore salmastro dell’aria, il suono del tuo cuore che batte nel tuo petto, il calore della pelle del tuo partner mentre ti tocca la mano.

Solitamente sperimentiamo un “vero me” che è connesso al corpo e che risiede al centro di tutte le nostre esperienze sensoriali, emozioni, memorie e pensieri. Questo “io” o “me” è in qualche modo sempre presente, anche se solamente sullo sfondo – in modo trasparente, per così dire; e viene percepito come distinto dal mondo e dalle altre persone (supponiamo la sabbia e il tuo partner).

Questo senso di essere un “vero me” connesso con un mondo reale “là fuori” ci fa sentire presenti ed immersi nel flusso delle nostre giornate quotidiane. Ma come funziona esattamente?

In un articolo chiave intitolato Whatever next? Predictive brains, situated agents, and the future of cognitive science, Andy Clark1 ha proposto che il lavoro del cervello è quello di predire qualsiasi informazione in arrivo sulla base delle informazioni percepite in precedenza.
Invece di essere una spugna passiva che riceve informazioni dall’interno e dall’esterno dei nostri corpi, il cervello anticipa attivamente il mondo attraverso le lenti delle esperienze passate.
Qualsiasi cosa che abbiamo percepito e di cui abbiamo avuto esperienza in precedenza lascia delle “tracce” nel nostro sistema nervoso e percettivo. Il cervello usa queste tracce prevalentemente per identificare il pericolo. Questo è il motivo per cui è così difficile dimenticare gli eventi negativi: il cervello vuole che ci manteniamo lontani dai pericoli. Le informazioni innocue, come il colore della maniglia della porta dell’hotel, saranno probabilmente trattate come noiose e cancellate dalla memoria. Invece, il colore della giacca del ladro che mi ha attaccato per strada resta impresso nella memoria. Questa è un’intuizione importante sottolineata da Clark e altri ricercatori come Karl Friston2 e Jakob Hohwy.3

La percezione è in funzione della sopravvivenza nel qui e ora

Diamo uno sguardo più da vicino all’influente espressione  “whatever next” (che in italiano può essere tradotta con “cosa avverrà dopo?”).
Infatti, ciò che importa davvero per la nostra sopravvivenza è percepire correttamente non solo cosa succede dopo, ma anche cosa sta succedendo qui vicino al mio corpo (NdT: in inglese la parola next significa sia “dopo” che “accanto”).

Per esempio, immaginiamo che io stia bevendo una tazza di caffè su una terrazza di un’isola greca (mi è consentito sognare dal momento che attualmente le terrazze sono chiuse nel mio paese). Ma torniamo alla scena: faccio un sorso e successivamente voglio ammirare le nuvole in alto, ma mentre sposto la mia attenzione verso il cielo vedo un ragno sul tavolo vicino alla mia mano.
Improvvisamente, la percezione di ciò che si trova vicino alla mia mano ha la priorità assoluta. Temporalmente parlando, sia la percezione del cielo e del ragno avvengono “dopo”, ossia, dopo che sorseggio il caffè. Ma la percezione del ragno vicino alla mia mano mette il mio sistema di difesa in allerta. Ora non mi importa più della bellezza del cielo, o del sapore del mio caffè. In questo momento, tutte le mie percezioni, pensieri ed emozioni si focalizzano su un solo fatto importante: il ragno vicino alla mia mano e come fuggire in sicurezza.

Perché questa osservazione è importante?

È importante perché filosofi e scienziati di varie discipline e tradizioni si sono concentrati principalmente sulla visione e sulla percezione distale: io vedo il mondo, una mela, un pomodoro rosso “lì”. Nella realtà però, le nostre percezioni sono prossimali e multisensoriali per natura.4 Percepiamo costantemente il mondo e ciò che si trova vicino ai nostri corpi attraverso la pelle, per esempio, o attraverso l’olfatto. Tuttavia, benché questi “modesti” sensi ci diano le informazioni più essenziali riguardo alla nostra sopravvivenza, tendiamo a trascurarli, dimenticarli o darli per scontati.

Tipicamente realizziamo quanto importanti siano le cose solo quando le perdiamo.
Per esempio, con la crisi sanitaria attuale provocata dal virus COVID-19, molti di noi hanno temporaneamente perso l’olfatto. Le persone stanno iniziando a realizzare quanto importante fosse questo senso prossimale per il senso del sé di un individuo e per il senso della propria presenza nel mondo.5

L’esperienza tattile come un background esperienziale trasparente

Paradossalmente, proprio perché i sensi prossimali come il tatto e l’olfatto sono così vicini o prossimi al nostro corpo, di solito ne sottovalutiamo l’importanza che hanno per noi.
Tra questi sensi prossimali, che sono mescolati per formare un background esperienziale quasi trasparente, le esperienze tattili hanno uno status speciale nell’orchestrare le nostre vite.18 Posso identificare almeno due ragioni principali di ciò.

In primo luogo, il tatto è mediato dalla pelle, l’organo più vecchio e più esteso in termini di grandezza e di funzione.6,7 Questo significa che la via più primitiva per incontrare e percepire il mondo attorno a noi è attraverso il tatto. Ci dà il più fondamentale senso di presenza, di realtà.
Richiamando il famoso aneddoto di San Tommaso: per credere che una ferita sul corpo dell’altra persona fosse vera, ha sentito il bisogno di toccarla. Vederla unicamente non era abbastanza.

La pelle è anche ciò che media il confine tra il sé ed il mondo esterno. Allo stesso tempo, ci distingue da e ci relaziona alla realtà “lì fuori”. Le esperienze tattili hanno ciò che il filosofo francese Maurice Merleau-Ponty ha chiamato l’inevitabile dualismo “touchant/touché”: posso guardare qualcuno senza essere visto, ma non posso toccare un oggetto o una persona senza essere toccato a mia volta. Inevitabilmente, tendendomi per mano con il mio partner, ricevo informazioni non solo sulla mia mano, ma anche sulla sua (la sua pelle è calda e la mia è fredda, per esempio). Questa dualità inevitabile ha incoraggiato i ricercatori a considerare la pelle come l’organo di relazione per eccellenza.8

La nostra percezione incomincia all’interno del corpo di un altro

In secondo luogo, e in maniera importante, il tatto svolge un ruolo chiave nell’esplorazione e nella creazione di legami sociali, il che conferisce un senso di vicinanza e di appartenenza.

Un aspetto importante, e tuttavia trascurato del corrente dibattito sulla natura della percezione, è che le nostre esperienze percettive più primitive emergono all’interno del corpo di un’altra persona. In altre parole, l’incarnazione più primitiva è una incarnazione condivisa, o co-incarnazione.9 Fondamentalmente mentre non tutti gli umani vivranno l’esperienza di essere incinta o di trasportare un bambino, l’esperienza di essere trasportati e di crescere all’interno del corpo di un’altra persona è universale.

Questo significa che le nostre esperienze più primitive potrebbero essere fondamentalmente esperienze condivise.10,11,12,13 Infatti, molto prima di incontrare le menti di altre persone, incontriamo letteralmente i loro corpi – e dipendiamo da loro per la sopravvivenza.
Ricorda, per il cervello la sopravvivenza è essenziale. Gli organismi viventi come noi hanno una spinta ineluttabile a continuare a vivere e potenzialmente a riprodursi. Gli umani vengono al mondo all’interno del corpo di un altro essere umano e inizialmente la loro sopravvivenza e felicità dipendono dalla vicinanza fisica e dall’affetto di un caregiver.

Tra i corpi

L’osservazione che gli esseri umani vengono al mondo all’interno del corpo di un altro essere umano potrebbe avere due importanti implicazioni per questioni critiche che alimentano l’attuale dibattito sulla natura delle esperienze percettive, la coscienza e l’auto-consapevolezza.14

Prima di tutto, un sistema dinamico e complesso come il corpo umano deve saper giocare una doppia partita per sopravvivere e potenzialmente riprodursi. Da un lato, deve mantenere con successo gli stati sensoriali all’interno di certi limiti fisiologici: se prendiamo troppo freddo o troppo caldo per troppo tempo, moriamo. Dall’altro lato, il corpo deve cambiare flessibilmente questi stati allo scopo di adattarsi a un’ambiente in costante mutamento.5

Se guardiamo al corpo umano attraverso questa lente dinamica, diventa ovvio che ciò che accade tra l’organismo e il suo ambiente – i confini – svolga un ruolo chiave nel far sì che questa partita sia giocata con successo e in maniera abbastanza flessibile per mantenere l’organismo in vita. Il futuro lavoro sulla percezione e sulla coscienza perciò ha bisogno di definire la nozione di critica di “confine” o “nel mezzo”: in altre parole, il processo di scambio tra due stati o due organismi.

La nozione della  “coperta di Markov” è stata recentemente difesa come un modo promettente di concettualizzare un confine che media le interazioni tra un sistema ed il suo ambiente.16
Una coperta di Markov può essere brevemente descritta come un confine statistico che separa due insiemi di stati. Un esempio emblematico è la membrana cellulare che separa le dinamiche intracellulari ed extracellulari. Il confine non solo separa il sistema dal suo ambiente, ma intrinsecamente lo relaziona anche ad esso.

Le radici corporee dell’esperienza cosciente

Una seconda implicazione chiave che risulta dal nostro emergere all’interno di un corpo riguarda la coscienza stessa e la definizione stessa del termine “minimal self” (sé minimale, Ciaunica, presto disponibile). Approcci passati hanno affrontato questa domanda provando a trovare le basi fondamentali dell’individualità minimale.14,17 Tuttavia un’altra alternativa è di concentrarsi su come l’individualità e le esperienze coscienti emergono e si dispiegano dinamicamente all’interno della vita di una persona. Per usare una metafora, “minimale” in questo senso si riferirebbe al seme che contiene tutte le informazioni latenti riguardo all’ albero che cresce, piuttosto che la struttura schematizzata e astratta e la forma di un albero adulto a tutti gli effetti.

E se guardiamo a come ‘’l’albero umano’’ si eleva dal terreno (per così dire) nell’utero, allora semplicemente non possiamo ignorare le sue radici corporee e relazionali.

Allo stesso modo in cui non si può comprendere cosa sia un albero e come funzioni guardando soltanto alle sue componenti visive– rami, foglie, tronco – ed ignorando le sue invisibili radici, uno non può comprendere la nostra esperienza di vita cosciente senza considerare le sue basi invisibili; le sue radici corporee condivise.

Dichiarazione di non responsabilità: questo post sul blog è stato tradotto e modificato da volontari. I contributori non rappresentano la MIND Foundation. Se noti errori o ambiguità nella traduzione, faccelo sapere – siamo grati per qualsiasi miglioramento. Se vuoi sostenere il nostro progetto sul multilinguismo, contattaci per entrare a far parte del MIND Blog Translation Group!

Bibliografia

  1. Clark A. Whatever next? Predictive brains, situated agents, and the future of cognitive science. Behav Brain Sci. 2013;36(3):181–204.
  2. Friston K. A theory of cortical responses. Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci. 2005;360(1456):815–36.
  3. Hohwy J. The predictive mind. London, England: Oxford University Press; 2013.
  4. Faivre N, Arzi A, Lunghi C, Salomon R. Consciousness is more than meets the eye: a call for a multisensory study of subjective experience. Neurosci Conscious [Internet]. 2017;2017(1). Available from: dx.doi.org/10.1093/nc/nix003
  5. Barwich AS. Smellosophy: What the nose tells the mind. Harvard University Press; 2020.
  6. Field T. Touch. London, England: MIT Press; 2001.
  7. Gallace A, Spence C. The science of interpersonal touch: an overview. Neurosci Biobehav Rev. 2010;34(2):246–59.
  8. Ratcliffe M. Touch and the sense of reality. In: Radman Z, editor. The Hand, an Organ of the Mind. The MIT Press; 2013.
  9. Ciaunica A, Constant A, Preissl H, Fotopoulou A. The first prior: From co-embodiment to co-homeostasis in early life [Internet]. PsyArXiv. 2021. Available from:http://dx.doi.org/10.31234/osf.io/twubr
  10. Ciaunica A. Basic Forms of Pre-Reflective Self-Consciousness: a Developmental Perspective. In: Miguens S, Preyer G, Morando C, editors. Pre-Reflective Consciousness. Routledge; 2016.
  11. Ciaunica, A. (2017). ‘The Meeting of Bodies: Basic Forms of Shared Experiences, Topoi, an International Journal of Philosophy. doi.org/10.1007/s11245-017-9500-x
  12. Ciaunica A, Fotopoulou A. The touched self: Psychological and philosophical perspectives on proximal intersubjectivity and the self. In: Embodiment, Enaction, and Culture. The MIT Press; 2017.
  13. Ciaunica A, Crucianelli L. Minimal Self-Consciousness from within – a Developmental Perspective. Journal of Consciousness Studie. 2019;26(3–4):207-226(20).
  14. Blanke O, Metzinger T. Full-body illusions and minimal phenomenal selfhood. Trends Cogn Sci. 2009;13(1):7–13.
  15. Seth AK, Tsakiris M. Being a beast machine: The somatic basis of selfhood. Trends Cogn Sci. 2018;22(11):969–81.
  16. Ramstead MJD, Kirchhoff MD, Constant A, Friston KJ. Multiscale integration: beyond internalism and externalism. Synthese [Internet]. 2019; Available from:http://dx.doi.org/10.1007/s11229-019-02115-x
  17. Zahavi D. Subjectivity and selfhood: Investigating the first-person perspective. The MIT Press; 2005.
  18. Ciaunica A, Petreca B, Fotopoulou A, Roepstorff A. Whatever Next and Close to my Self – The Transparent Senses and the ‘Second Skin’: Implications for the Case of Depersonalisation 2021. doi:10.31234/osf.io/u8ky6.

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