Essay
Clinical Psychology Mental Health Philosophy & Consciousness


Il trauma dell’esperienza mistica

Un’indagine sulle similitudini fenomenologiche tra trauma ed esperienza mistica

“L’amore cosmico è assolutamente spietato e indifferente. ti insegna le sue lezioni, che ti piaccia o no” ~ John C. Lilly

Forse di primo acchito, potrebbe sembrare che non ci sia nulla di simile tra esperienze traumatiche e mistiche dal punto di vista fenomenologico. Le prime tendono a spaziare in un intervallo tra lo sconvolgente e il catastrofico, catalizzano sofferenze ricorrenti e debilitano la persona per un lungo periodo di tempo. Le seconde sono invece considerate tutte sole e arcobaleni, onde estatiche che fuoriescono da un unico epicentro di cui anche l’individuo fa parte.

Nonostante io non voglia sminuire la genuinità di questi vissuti, o il fatto che per molti trauma ed esperienze mistiche viaggino su due binari paralleli che mai si incroceranno, questo saggio rappresenta una breve indagine sull’affermazione opposta: in altre parole, che trauma e esperienze mistiche siano esperienze fenomenologicamente simili, se non identiche. Con ciò non voglio affermare né che tutti i traumi si possano inquadrare nel misticismo né che l’esperienza mistica sia sempre traumatica. Allo stesso modo, il mio obiettivo non è di rimarcare l’importanza dell’esperienza mistica nel trattamento del trauma (nonostante una crescente letteratura scientifica supporti questa tesi). Spero solamente di esplorare come, nella ricerca di cosa costituisca esattamente un momento di risveglio mistico, il reale vissuto dell’esperienza possa essere tutt’altro che sole e arcobaleni, piuttosto concretizzarsi in un momento traumatico.

Cosa costituisce un’esperienza traumatica

Tanto per cominciare diamo un’occhiata alla definizione di esperienza traumatica. Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali 5 (DSM-5), un evento traumatico riguarda: “L’esposizione alla morte o a una minaccia di morte, oppure un grave infortunio o un abuso sessuale” nei riguardi della persona stessa o di una persona cara, ed è inevitabilmente seguito da una moltitudine di sintomi che interessano funzioni comportamentali, psicologiche, emozionali e sociali.1 Potremmo dire che il trauma è una qualunque situazione che rende l’individuo temporaneamente impotente di fronte a una minaccia reale o percepita. Le conseguenze di un’esperienza traumatica sono i sintomi che si associano al Disturbo da stress post-traumatico (PTSD, dall’inglese: “Post-Traumatic Stress Disorder”) o Disturbo acuto da stress (ASD, dall’inglese “Acute Stress Disorder”). Queste risposte possono essere indagate a livello fisiologico, sociale, psicologico, teologico o spirituale.

Per comprendere le risposte al trauma a livello fisiologico, rivolgiamoci alle ricerche del rinomato traumatologo Peter Levine, PhD, fondatore dell’innovativa modalità di trattamento traumatico Somatic ExperiencingTM. Secondo Levine: “Le esperienze traumatiche sono in gran parte il risultato di risposte primitive”;2 ossia, i sintomi avvertiti da soggetti in seguito a un trauma sono il risultato di reazioni fisiologiche e naturali dal punto di vista evoluzionistico. In risposta a qualcosa di sconvolgente, il corpo lotta, fugge o si raggela (in inglese: “fight, flight or freeze”). Essenzialmente, quando un animale, un umano o un altro essere vivente incontra una minaccia devastante, istintivamente adotta una di queste reazioni come meccanismo di protezione per evitare la morte. Quando il corpo sotto attacco non è in grado di vivere la naturale risposta istintiva nella sua interezza, l’esito dello scontro si interrompe. Usando le parole di Levine: “Il trauma è una risposta biologica incompleta, ma attivata in profondità, a una minaccia, congelata nel tempo”.2

Il principio sopracitato “fight, flight, or freeze” (in italiano: lottare, fuggire o gelare) potrebbe essere già familiare ad alcuni lettori. Queste sono le risposte primitive a cui Levine si riferisce. Una quarta risposta, “fawn” (in italiano: adulare), è stata notata di recente ed è attualmente studiata dai traumatologi. Per “lottare” si intende prepararsi, forse con successo, ad andare al contrattacco verso la minaccia. “Fuggire” significa scappare dall’attacco ricevuto; “gelare” consiste in una paralisi temporanea (come un cervo sotto la luce dei fanali) mentre con “adulare” si intende accondiscendere inconsciamente con l’aggressore per compassione o come via di scampo sicura (per es. Sindrome di Stoccolma). In natura, quando il corpo è sopraffatto da una di queste reazioni, l’animale scarica naturalmente l’enorme impatto energetico una volta che la minaccia è passata. Ciò si può manifestare in tremori, spasmi, versi o nel rilascio di alcune energie fisiche. Secondo le ricerche di Levine, questa scarica si integra con il trauma e riduce la possibilità di sviluppare sintomi negativi. Tuttavia, in quanto umani siamo portati alla dissociazione (ossia alla disconnessione dalla nostra risposta fisiologica) dovuta alla cultura dell’iper-razionalità. Ciò si traduce nel fatto che la travolgente energia dell’impatto può rimanere intrappolata nel corpo traumatizzato dell’individuo, come una molla che non è in grado di rilasciare e srotolarsi. Secondo questa teoria, l’energia bloccata e non integrata sfocia in molti dei sintomi osservati nella risposta post-traumatica.

Oltre alla risposta fisiologica, il trauma ci influenza a livello emozionale, fisiologico e spirituale. Secondo Donald Winnicott, un pioniere nel campo della psicologia infantile, il trauma priva l’individuo della sua onnipotenza soggettiva, ovvero del proprio potere e della propria autonomia, rendendolo temporaneamente incapace di affrontare il mondo intorno a sé. Ciò può essere avvertito come un’estrema disillusione, in cui la percezione di dominio sulla propria vita è messa in discussione.3 Senza un “Io” soggettivo, all’individuo manca l’equipaggiamento necessario per affrontare il mondo fuori dall’”Io”. Questo ci porta a quello che Heinz Kohut ha definito “disintegration anxiety4 (in italiano: ansia da disintegrazione) o, per usare le parole dell’analista junghiano Dr. Donald Kalsched “un innominabile terrore associato alla minacciosa disillusione di un sé coerente”.5 Questa mancanza di un sé coerente si risolve in una minore capacità di creare significati simbolici riguardo agli eventi della propria vita, poiché la significatività degli eventi esterni deriva dalla relazione che questi eventi hanno con il nostro mondo interiore e viceversa. Un trauma può sospendere temporaneamente l’abilità di un individuo di connettersi con la propria esperienza interiore o di creare un ponte tra l’interiore e l’esteriore, sradicando pertanto la capacità di comprensione, l’intuizione, la compassione e persino per la trascendenza. In questo senso, il trauma ha conseguenze psicologiche di vasta portata.

Per riassumere, il trauma è qualunque cosa — reale o percepita — che ci porta faccia a faccia con le nostre vulnerabilità; con la morte. La ricaduta di tale esperienza è spesso un’insostenibile dissociazione da sé stessi, una sensazione di perdita d’identità che è inspiegabilmente, scomodamente e, spesso violentemente, sopraffatta da impulsi reazionari: una profonda perdita della propria abilità di dare un senso alle cose, frequenti contrasti caotici e dolorosi sintomi somatici apparentemente privi di causa.

Cosa costituisce un’esperienza mistica?

Come risultato dell’odierno rinascimento psichedelico abbiamo acquisito nuove epistemologie, ontologie e fenomenologie per la comprensione e lo studio delle esperienze mistiche. Ciò non potrebbe accadere in un momento più opportuno, dato che in questo mondo iper-moderno, che normalizza la disconnessione da sé stessi, dal prossimo e dalla natura, stiamo collettivamente indossando troppo bene il malessere del dissesto spirituale e la mancanza di significato. Tuttavia, nonostante l’utilità degli psichedelici nel fornire una finestra sulle esperienze mistiche, la gran parte di ciò che conosciamo circa questi stati proviene dal campo della teologia, dell’antropologia e della psicologia; ben precedenti a questo rinascimento psichedelico.

Un’esperienza mistica è considerata uno dei pochi “non-ordinary states of consciousness” (NOSC, in italiano: stati di coscienza non ordinari), noti anche come “altered states of consciousness” (ASC, in italiano: stati di coscienza alterati), specialmente quando il cambiamento della coscienza è il risultato dell’ingestione di una sostanza. Altri NOSC sono i cosiddetti “flow states” (stati di flow), gli stati meditativi o contemplativi e gli stati psichedelici (da qui il rinnovato interesse in questi stati dovuto al rinascimento psichedelico). I NOSC sono stati realizzati da quelle che lo studioso religioso Mircea Eliade chiamava “sacred technologies6(in italiano: tecnologie sacre); ossia, tecniche che inducono stati di trance usati dalle culture sciamaniche di tutto il mondo per connettersi con la dimensione spirituale dell’esistenza: stati estatici, comunione con le sfere transpersonali e viaggi nelle profondità interiori. Alcune di queste tecniche includono la danza, le percussioni, la recitazione di preghiere e salmi, il digiuno, i rituali e l’ingestione di piante medicinali.

Una caratteristica distintiva dell’esperienza mistica è l’ineffabilità, che la rende talvolta difficile da discutere. Tuttavia, ai fini di questo articolo mi riferirò alle idee di Henri Bergson, Aldous Huxley, William James, Jeffrey Kripal, Carl Jung, Houston Smith e molti altri, promuovendo la teoria della “reducing valve” (in italiano: valvola riduttrice): l’idea che la funzione dominante del cervello sia quella di limitare l’accesso alla coscienza espansa. Secondo questi teorici, le “sacred technologies” delineate da Eliade possono ridurre in maniera efficace questa valvola di controllo nel cervello, esponendo una realtà a priori che si cela dietro o al di sotto di questa valvola. Ciò significa che un NOSC causa uno stato mistico tanto quanto un canale radio causa le frequenze che rileva. In altre parole, un’esperienza mistica avviene con la rimozione di qualcosa, non in seguito ad un’aggiunta. Questo “qualcosa”, suscettibile di rimozione inaspettata, può essere definito come “ego” – sebbene io creda che si tratti di un’idea un po’ troppo razionalista e riduzionista per comprendere l’intera storia.

Secondo questa teoria, una “a priori immediate luminosity” (luminosità immediata a priori),7 una “Mind-at-Large” (mente espansa) 8 o un “cosmic order” (ordine cosmico) sono alla base del risveglio della coscienza, dalla quale siamo regolarmente esclusi a causa dello stato ordinario – o di default – del cervello a riposo. Durante un incontro mistico, una persona può avere un assaggio di questa realtà più vasta, che può mettere alla prova tutte le sue convinzioni razionali su cosa sia reale e su cosa non lo sia.

Bergson teorizza che la funzione di questa “valvola riduttrice” sia quella di restringere l’accesso conscio all’interconnessa rete di realtà in qualsiasi momento, per evitare di essere sopraffatti dal costante flusso di connettività potenzialmente significative che spiraleggiano, si intrecciano, danzano e si muovono intorno a noi. I neuroscienziati che studiano l’effetto degli psichedelici sul cervello teorizzano che la rete di regioni cerebrali, chiamata “Default Mode Network” (DMN, in italiano: sistema della condizione di default), potrebbe essere legato alla stessa valvola riduttrice di Bergson. Questi neuroni appaiono attivi e sono coinvolti nella condivisione di informazioni mentre il cervello sembra non essere impegnato in altre attività.10 Il DMN è una rete di regioni cerebrali funzionalmente connesse che sono impiegate nel processare informazioni autoreferenziali e sono pensate per operare insieme come una sorta di generatore d’identità sottostante.11 Inoltre, questa rete cerebrale sembra essere attiva quando la mente divaga, come evidenziato da risonanze magnetiche su soggetti in stato meditativo che presentano una minore attività nel DMN (la meditazione è un’attività che non favorisce la divagazione mentale).12

Questa funzionalità predefinita potrebbe mantenere la nostra coscienza coinvolta nell’affermazione dell’“Io”, che è necessariamente limitato e molto più piccolo della realtà circostante. Durante un’esperienza mistica – indotta da psichedelici o meno – pare che uno dei maggiori cambiamenti neurologici sia la temporanea soppressione dell’azione del DMN. Ciò produce uno stato di “transient hypofrontality” (ipofrontalità transitoria),13 durante la quale ci si può sentire come se la mente non fosse più accecata dall’identità personale e che le “porte della percezione” fossero aperte.

Come evidenziato da Walter Stace, un’esperienza mistica possiede certe qualità universali, a prescindere da quali tecnologie trasformazionali siano state utilizzate per generarla. Queste includono aspetti come l’ineffabilità e la paradossalità, un costante senso di unità e una gnosi vitale o qualità noetica, che sembra infondere l’individuo con un senso di verità più profonda.14

La ricerca attuale suggerisce che un incontro mistico indotto da psichedelici può risultare in cambiamenti positivi e duraturi nelle vite di individui che soffrono per abuso di sostanze, pdi ansia alla fine della vita o di disturbo da stress post-traumatico. Questi cambiamenti possono includere migliori livelli di apertura e benessere mentale, così come riduzione della dipendenza da droghe, alcol o altri meccanismi di coping compulsivi e negativi.15

Quando il mistico diventa terribile: Il mysterium tremendum

Mentre la descrizione di esperienza mistica – e i conseguenti cambiamenti positivi – sembrano essere molto auspicabili, desidero esplorare il segreto aperto del misticismo: nello specifico, il fatto che spesso la prima tappa di queste rivelazioni mistiche può risultare in terrore, spavento, paura, panico e disillusione. Lo psichiatra Stanislav Grof, dopo avere partecipato a migliaia di sedute di LSD e psicoterapia con centinaia di pazienti, ha collegato la natura di questi particolari esperienze terrificanti a quelle che chiama “perinatal experiences” (esperienze perinatali), una teoria nata dall’interpretazione del lavoro del rinomato psicologo Otto Rank, illustrato nel suo classico “The Trauma of Birth” (in italiano: Il trauma della nascita). Secondo Grof, le esperienze perinatali “si concentrano su problemi di esistenza fetale, nascita biologica, dolore fisico, malattie, invecchiamento, avvicinamento alla morte e la morte”.16 Grof teorizza che durante una sessione psicoterapica con LSD, l’individuo può trovarsi ad affrontare memorie viscerali psicologiche del suo divenire, ossia del trauma della nascita. Secondo lo studioso, questa confrontazione può risultare in un dolore reale, emozionale, psicologico e spirituale.

Grof traccia gli stadi precisi di questa esperienza in quattro matrici distinte chiamate “Basic Prerinatal Matrices” (BPM, in italiano: matrici perinatali di base o MPD). In linea di massima, il razionale d’insieme alla base della teoria di Grof, per cui queste esperienze prenatali possono essere profondamente percepite come potenzialmente letali, è dato dal fatto che rispecchiano l’esperienza del neonato durante l’atto della nascita; ovvero, rispecchiano l’incredibile shock vissuto dal neonato, racchiuso in un grembo fertile, buio e, idealmente, corroborante, il quale improvvisamente, e senza molta scelta, viene costretto fuori dall’utero in una serie di spasmi dolorosi, pressanti e chimicamente sconosciuti. Sia la madre sia il neonato vivono la nascita come agonizzante. Tuttavia, la madre è provvista di lungimiranza. Il neonato invece non sa cosa accadrà a lei o a lui, perciò, per lei o lui la nascita è paragonabile alla morte. Grof ha notato che l’individuo che sperimenta una matrice perinatale durante un’esperienza psichedelica rivive questo processo in una sorta di momento morte-rinascita simile a quello vissuto durante la sua vera nascita. Le esperienze di MPB spaziano da travolgenti sensazioni di intrappolamento e soffocamento a orrende visioni di reami infernali e scenari da incubo, un’inamovibile insistenza del vuoto che incalza domande sul significato della vita fino a esperienze apparentemente infinite di “tutto questo non finirà mai”. Inoltre, Grof nota che, per la maggior parte delle persone, l’affrancamento da queste esperienze scioccanti e oscure è spesso vissuto come una radiante, trascendente e indescrivibile beatitudine. In altre parole, la classica e desiderabile esperienza mistica.

Il buio, la distruzione e l’angoscia profonda a cui Grof ha assistito durante le migliaia di sessioni psichedeliche psicoterapiche non sono elementi nuovi. I mistici di numerose tradizioni descrivono il dolore della resa, del terrore dell’incontro con il divino17 o della fenomenale distruzione che avviene per purificare la mente dall’illusione. Forse il resoconto più famoso di queste esperienze proviene dal cristiano mistico San Giovanni della Croce, il quale descrive dettagliatamente la perdita della propria identità (o scoperta dell’identità divina) nel suo libro “Dark Night of the Soul” (in italiano: Notte oscura dell’anima). Infatti, questa espressione ora è comunemente utilizzata per riferirsi alla necessaria fase di oscurità che accade durante molti percorsi spirituali individuali.

Il professor Christopher Bache, insegnante di studi religiosi alla Youngstown State University e autore di “LSD and the Mind of the Universe” ha scritto un articolo scientifico in cui comparava le MPB di Grof alla “notte oscura dell’anima”. Questo documento illustra dettagliatamente gli effetti purificatori sia del racconto di Giovanni della “via negativa” (cioè del percorso negativo o del disinvestimento, del liberarsi da qualunque cosa che si trova tra il sé e Dio, della purificazione dalla menzogna) che della descrizione di Grof della confrontazione con i reami infernali vissuti da centinaia di pazienti. Riga per riga, sia il resoconto di Grof dell’esperienza perinatale, sia la dolorosa testimonianza di Giovanni della Croce circa i suoi anni passati nella “notte oscura”, sembrano condividere una comune identità fenomenologica. Il Prof. Bache asserisce che forse è esattamente la purificazione dalle falsità − ossia il credere in un sé separato, nell’illusione − che ci conduce all’incontro mistico, e scrive: “Questa purificazione radicale è necessaria perché se uno è Dio, qualunque altro sé diverso da Dio deve essere rimosso”.18 Ricordando la sopracitata teoria del meccanismo della “valvola riduttrice” all’interno del cervello, possiamo iniziare a teorizzare cosa potrebbe succedere durante un’esperienza mistica. È possibile che attraverso qualche tipo di epurazione del sé costruito, attraverso la liberazione dalla limitante valvola riduttrice della mente durante l’esperienza perinatale, viene mostrato qualcosa di più vasto che esiste a priori dietro il velo dell’identità?

Un’esperienza mistica può essere traumatica

Io ritengo che questo processo di purificazione, che avvenga durante una seduta psicoterapica con LSD alla Grof, camminando sulla via negativa come Giovanni della Croce o sforzandosi di intraprendere una serie di pratiche che possano indurre la persona a interrogarsi sulle proprie convinzioni razionali di separazione o sulle radicate nozioni di identità, sia soggettivamente e oggettivamente traumatico, alla Levine. Per esplorare questa affermazione, andiamo ad esaminare in che modo l’esperienza mistica potrebbe essere vista come traumatica.

Per iniziare, lasciate che vi introduca un concetto del famoso filosofo e teologo tedesco Rudolph Otto. Secondo Otto, un incontro con il numinosum, ovvero l’evidente e ineffabile essenza di cui quest’ultimo parla (per es. l’”immediata luminosità” di James), contiene sempre qualcosa del mysterium tremendum, o un mistero terrificante e che suscita stupore. Secondo Otto, questa sorta di incontro è percepito come letale dalla prospettiva dell’identità o dell’ego, un punto che egli esplora attraverso l’esistenza de facto della scioccante paura che si prova quando ci si trova in presenza del divino.17 Questa minaccia alla propria vita è simile alla minaccia alla vita provata durante un’esperienza traumatica. Le esperienze mistiche possono anche essere sconvolgenti, come alcune delle ricerche precedentemente menzionate dimostrano chiaramente.19 Un incontro mistico con il numinoso, che secondo Otto porta con sé non poco terrore, può essere catalizzatore di cambiamenti negli stili di vita, ispirando il soggetto a partecipare più pienamente nella co-creazione della sua vita e rivoluzionando un senso di significatività nella propria psiche.17 Questo tipo di alterazione della vita è simile all’alterazione vissuta dopo un’esperienza traumatica; solo che questo tipo di passaggio è soggettivamente molto meglio.

Inoltre, sia le esperienze mistiche che il trauma mettono in discussione la nozione di volontà, come quando la soggettiva onnipotenza di cui Winnicott parla viene violata e l’abilità di agire autonomamente viene interrotta, o quando, come scrive Giovanni della Croce, le azioni deliberate di una persona sembrano essere impedite da qualcosa percepito come intervento divino. Entrambi possono avere l’effetto di affrancare l’individuo da passatempi, cerchie sociali e pattern di comportamento precedenti. Entrambi sfidano enormemente le visioni del mondo precedenti, le norme culturali e il senso del sé. E infine, entrambi comportano un carico somatico che può provenire sia da energie congelate da impatti del passato sia dallo scarico di impatti precedenti attraverso il loro rilascio. In questo senso, tanto quanto la “notte oscura” di Giovanni della Croce è fenomenologicamente simile alla descrizione di Grof delle esperienze perinatali che uno può vivere durante una sessione di psicoterapia con LSD, io propongo che un incontro personale con il numinoso sia simile al trauma.

Ciò, ovviamente, non significa che non dovremmo accogliere con decisione il numinoso se venisse a bussare alla nostra porta. Avere la “valvola riduttrice” della mente abbastanza allentata da permettere l’“immediata luminosità” di un’esperienza diretta di permeare la propria coscienza, può essere potenzialmente una benedizione, anche qualora i postumi si rivelino caotici e difficili da integrare. Tutto questo è solo per dire che una volta che si scopre la “mente espansa”, non ci si deve aspettare solamente soli e arcobaleni, poiché il corpo percepirà ogni minaccia di morte come un trauma e risponderà sicuramente di conseguenza. Ad ogni modo, è importante tenere a mente che, nel caso ti ritrovassi nella “notte oscura”,“Il trauma è l’inferno sulla terra, il trauma risolto è un dono dagli dèi” .

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References

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